Di Annalisa Sisto: Cosa significa un anno di servizio civile? In una città quasi fantasma? In una scuola immersa nel verde della selva e abitata da anime fragili dal sorriso contagioso? Per me l’anno di servizio civile è significato tante domande e queste sono alcune, tra le tante, che il magico cammino di questi dodici, intensissimi, mesi mi ha messo di fronte alla riflessione. Un anno a “Sonando por el cambio”, un progetto sociale nato circa 20 anni fa a Santo Domingo, non nella Repubblica Dominicana, come la maggior parte di noi si aspetta, bensì in Ecuador, in una delle regioni più povere del Paese, dove la violenza familiare e le difficoltà socio-economiche sono tacite padrone.
Tuttavia, un luogo incontaminato, puro, le cui risorse sono sconfinate e l’energia che si percepisce, se ci si sofferma con un piccolo sforzo ad ascoltare, è determinante per vedere e credere in quel “cambio” che è già presente sul cartello all’entrata della scuola. E che scuola. Già di per sé uno spazio naturale magico ma questa lo è ancora di più; non solo per quello che viene offerto al suo interno, ma in particolare per chi lo popola. Le anime più piccole e grandi di “Sonando” sono gli ultimi, i figli di una società a cui non è stato mai insegnato cosa vuol dire educare e farlo con amore, l’ultima “spiaggia Itaca” della latino-america della violenza, del consumo di droga e dell’abbandono.
Arrivare qui è significato mettersi in gioco completamente, lasciare da parte un modello di riferimento e cercare il più velocemente possibile di abbracciarne un altro, tentando di dimostrare che può esistere un’alternativa all’immagine amara che questi bambini hanno già così precocemente della vita. Quest’anno lo ringrazio per avermi illuminato su “come” raggiungere questa meta: partendo dalle necessità dei suoi abitanti, nel contesto in cui vivono.
I bisogni di questi bambini, il cuore pulsante del progetto, sono di vivere un luogo, per 10-12 ore che sia, il più possibile ravvicinato ad una casa, la loro casa. Una comunità e noi, i loro padri, le loro madri, fratelli e sorelle. A discapito della giusta distanza professionale ribadita in tutti i libri didattici di psicologia e del livello di religiosità o spiritualità che ciascuno di noi possiede, qui la differenza la fa chi investe totalmente per le vite di questi ragazzi e con il cuore.
Nonostante le difficoltà, gli imprevisti, le numerose e diversificate competenze da mettere in gioco quotidianamente e il caldo tropicale, aver lavorato giorni e settimane intere per un dollaro rubato dallo zaino di un compagno, per evitare una gravidanza a 14 anni, per i compagni di una classe che giocano a rincorrersi e non a picchiarsi o che in una giornata 50 su 90 sorridono, invece che piangere, sono piccole conquiste di una battaglia che è ancora tutta da combattere a suon di sorrisi.