di Daniele Di Ronco – È l’ultimo sabato del mese e siamo pronti a partire alle 7 e mezza del mattino. Oggi ci aspetta quella che Roberto definisce “una giornata campale”. Siamo stati invitati ad assistere all’assemblea dell’associazione di produttori di caffè Kichwa. Non è una delle solite assemblee mensili in cui la direttiva rende conto dell’operato ai soci, questa è una di quelle che si ripete una volta ogni 5 anni. Per l’occasione i soci sono chiamati a eleggere la nuova direttiva che guiderà le attività dell’associazione per i prossimi 5 anni.
Per raggiungere il loro centro de acopio, luogo dove si svolgerà l’assemblea dei soci, generalmente ci impieghiamo un’ora e mezza circa. Lungo il tragitto è veramente difficile annoiarsi. Poco dopo la partenza si attraversa un ponte sospeso di acciaio e cemento sopra il fiume Napo, uno dei tanti presenti sui numerosissimi fiumi nelle province amazzoniche dell’Ecuador. Da quel momento in poi la strada serpeggia tra zone più o meno antropizzate. A tratti si costeggiano comunità e appezzamenti destinati a coltivazioni di cacao, platano e balsa. Altri invece sono dominati dalla vegetazione della selva. Muri verdi al lato della strada. In particolare c’è un punto esatto in cui mi piace sempre osservare come l’occhio non riesca ad andare oltre i primi 2-3 strati di vegetazione. La cosa più incredibile di tutto il tragitto è il Ceiba. A circa metà del viaggio si incrocia un esemplare dell’albero più maestoso dell’amazzonia. Questi alberi capaci di crescere fino a 70 metri e vivere secoli sono definiti condomini vegetali per la grande biodiversità che ospitano. Questo non arriva ai 40 metri ma in ogni caso è impressionante. Talmente impressionante da convincere chi ha costruito la strada a passarci di lato senza abbatterlo e lasciarlo disponibile all’ammirazione dei passanti. Passata l’ora di viaggio si raggiunge l’altro punto focale, la gabarra. Qua la strada finisce e si deve attraversare il fiume a bordo di una chiatta. Oggi però non ricorriamo alla chiatta perché nel caso in cui l’assemblea si dilungasse oltre le 4 saremmo poi obbligati a prendere un tragitto alternativo di ritorno fatto da una strada completamente dissestata. Attraversiamo su una delle molte canoe a motore in attesa di passeggeri. Una volta di là 5 minuti di taxi e siamo finalmente arrivati.
Secondo il documento di invito i soci avrebbero dovuto iniziare per le 7 della mattina, tuttavia al nostro arrivo intorno alle 9 non era ancora incominciato nulla. La dilatazione dei tempi è normale ma capiamo che in questo caso non è un buon segnale. L’affluenza è bassa ma il numero necessario al quorum si supera. 26 soci sui 41 iscritti sono presenti. Constatato il numero dei presenti tramite un appello si può iniziare. Il presidente e il segretario sono seduti dietro all’unico tavolo della sala. Alla loro sinistra su due panchine si concentra quasi tutta la direttiva uscente, mentre il restante dei soci sono seduti su altre panche o sgabelli lungo le pareti della sala. Il segretario procede nella lettura dei punti dell’ordine del giorno. Uno schema rigido e puntuale che caratterizza tutte le assemblee Kichwa. Tra i primi punti vi è la “scelta” di un presidente e una segretaria temporanei per la gestione dell’assemblea. Prendono il loro posto al tavolo e si procede con il punto dedicato al presidente uscente. Il suo discorso inizia con un rendiconto di quanto svolto, dei contratti con i compratori raggiunti e degli strumenti acquistati. In questo i soci riconoscono che l’operato della direttiva corrente abbia portato delle migliorie gestionali e finanziarie, tuttavia il clima non è dei migliori. Si percepisce della tensione negli sguardi dei presenti. Nei mesi precedenti nessuno ha mostrato interesse nel rilevare il ruolo di presidente. Il clima di incertezza è corroborato dalla volontà dell’attuale presidente di non volersi ripresentare. La sua decisione deriva da uno scarso sostegno ricevuto durante il suo mandato, specialmente nel periodo finale in cui molto andava fatto per rispettare il contratto più importante con un cliente internazionale. Si vede che lui ha a cuore l’associazione e il suo futuro, però si dichiara stanco per il lavoro svolto senza l’appoggio della direttiva e dei soci. Lamenta il grosso impegno dedicato all’associazione e il poco destinato alla cura della propria chakra. Racconta di come anche in casa sua moglie non sia contenta di vedere il marito poco presente e più attento ai bisogni dell’associazione. A questo punto un socio prende la parola e difende a spada tratta il presidente uscente. Il suo coinvolgimento emotivo è molto forte e si emoziona quasi fino a raggiungere le lacrime durante il suo intervento. Questo è il primo momento in cui si cambia dallo spagnolo al Kichwa. Il cambio non è casuale. Durante la giornata sarà evidente di come gli interventi in spagnolo siano voluti per fare arrivare un messaggio ai partecipanti non Kichwa, ovvero noi. Più tardi viene invitato a parlare anche Roberto, che fa un piccolo intervento su quanto fatto in appoggio all’associazione e conferma la volontà di continuare a collaborare nel futuro. Nel mentre due socie continuano incessantemente a portare scodelle di chicha ai presenti, un fermentato di yucca, che si gocciano in secondi ringraziando. Terminato il prologo arriva il momento per cui sono tutti riuniti. L’elezione della nuova direttiva. Inizia il toto nomi. I partecipanti prendono casualmente parola e propongo nomi di possibili presidenti. Le persone nominate subito cercano di svincolarsi, chi con il silenzio e distogliendo lo sguardo e chi rifiutando categoricamente ogni interesse verso il ruolo. Ovviamente tutti i nomi proposti appartengono a partecipanti maschili. Vedremo dopo come le donne siano considerate in linea con tutti gli incarichi direttivi meno che quello della presidenza. La motivazione data è che i carichi domestici impediscano il rispetto del grande impegno in termini di tempo richiesto per il ruolo di presidente. Le stesse presenti pare siano convinte di questo. Oppure semplicemente non sono interessate al ruolo. Questo è un aspetto che ancora non ho colto dai loro sguardi e parole. In ogni caso il gioco dei nomi in cui uno indica e l’altro sguscia continua per minuti fino a quando non viene nominato il segretario uscente. È un ragazzo sulla trentina che in passato ha lavorato nel centro de acopio e quindi conosce bene il lavoro da fare oltre ad essere sveglio e dinamico. Sembra il nome perfetto per ridare slancio ad un’associazione che sta perdendo pezzi e entusiasmo partecipativo. Ma in questo momento lui che era stato in silenzio e in disparte gioca una carta che nessuno si sarebbe mai aspettato. Dal suo zaino prende un documento e rivela a tutti la sua volontà di abbandonare l’associazione. Segue il silenzio. Dopo pochi istanti nuovamente spazio a nomi volanti. Le persone iniziano ad accusare il tempo e il caldo enfatizzato del tetto in lamiera. Partono i viavai fuori dentro a prendere una boccata d’aria. Preso atto del colpo il presidente uscente contro ogni pronostico indica il tesoriere uscente. Nessuno avrebbe scommesso su questa nomina. Tra di loro non ci sono ottimi rapporti, spesso si è lamentato del suo operato e non ha lesinato a farlo davanti ad altre persone, noi compresi. Tuttavia lo nomina, forse in preda al panico per mancanze di alternative valide. Qualcuno appoggia la candidatura e sembra realizzarsi uno dei peggiori scenari immaginati anche da noi. Ma allo stesso modo di molti anche lui dice di non essere interessato e si sfila da ogni incarico direttivo. A questo punto si palesa la vera volontà dei soci, riconfermare l’attuale presidente per i prossimi 5 anni. In molti si spendono per convincerlo a rimanere. Non si rivela necessario fare molta pressione perché si anima rapidamente e accetta a condizione di ricevere più appoggio dalla nuova direttiva e dai soci. Sistemato l’incastro più complicato si procede per tutti gli altri 10 ruoli, tra cui il tesoriere, segretario e vicepresidente. Anche in questo caso non ci sono candidature spontanee. Però differentemente da quanto visto con la scelta del presidente in questo caso le persone hanno meno facilità di svincolarsi. Vengono così riempiti tutti i ruoli abbastanza velocemente. Si vede qualche broncio tra i nominati, qualcuno è poco convinto ma non ha molta scelta rispetto a quanto deciso dai soci. Broncio che ormai è scomparso dalla faccia del presidente, rinvigorito da questo nuovo incarico e cambio di dirigenti. Alla fine vengono scelte più donne che uomini, in particolare in ruoli chiave come la tesoriera e la segretaria. Si procede alla foto di rito e al giuramento improvvisato ad opera di un partecipante come noi esterno all’associazione. Finalmente si vede distensione e sorrisi, il grosso è fatto. Si arriva quindi all’ultimo punto dell’ordine de giorno: varie ed eventuali. Una socia prende la parola e scarica una vagonata di lamentele verso il presidente. Esplode il caso. Lui non prende bene l’attacco e risponde a tono minacciando dimissioni immediate. Sembra il punto di rottura. Intervengono altri soci e anche il signore del giuramento. Tutto avviene in Kichwa. Noi carpiamo alcune parole e capiamo cosa sta succedendo. Il motivo riguarda un uso improprio di una motocicletta comprata dall’associazione. La mediazione ha successo e gli animi si calmano. Dopo attimi di panico tutto tace. I soci ormai esausti non vedono l’ora di mangiare e pertanto si conclude l’assemblea. Sono appena passate le 2 del pomeriggio e 5 ore dopo l’inizio una nuova direttiva è chiamata a gestire i prossimi 2 anni dell’associazione. Contenti del risultato e felici di aver avuto modo di assistere a questo evento torniamo a casa.